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Responsabilità penale Enti, per quali reati è prevista

Nella sua formulazione originaria, il Decreto 231 prevedeva la responsabilità per gli enti in reati quali l’indebita percezione di erogazioni, la truffa in danno dello Stato o di un Ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, la frode informatica, la concussione e la corruzione.
Dal 2001 ad oggi, il Decreto 231 ha tuttavia numerose e significative modifiche, che hanno progressivamente e sensibilmente ampliato il catalogo dei reati-presupposto, dalla cui commissione può scaturire la responsabilità dell’ente. Alle fattispecie originarie di reato-presupposto sono stati aggiunti, negli anni successivi, tra gli altri i reati societari previsti nel Codice Civile (false comunicazioni sociali, il falso in prospetto, l’illegale ripartizione degli utili e delle riserve, le illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, le operazioni in pregiudizio dei creditori, aggiotaggio);
il reato di terrorismo, riduzione in schiavitù, tratta di esseri umani, prostituzione e pornografia minorile, mutilazione di organi genitali femminili; reati colposi in tema di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro ed incolumità pubblica; i reati di riciclaggio e i reati informatici; i reati ambientali; i reati tributari

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I modelli Organizzativi ex L.231/2001

Con il Dlgs. 231/2001 il legislatore decise, una ventina di anni fa, di attribuire anche agli enti (persone giuridiche o anche enti privi di personalità giuridica, non pubblici) una responsabilità “amministrativa” a seguito del compimento di specifici reati ben individuati.

La ratio del legislatore è quella di punire penalmente nel caso di commissione di reato non solo il legale rappresentante dell’ente (che a volte può essere opportunamente individuato come “testa di legno”), ma anche la società che da tale reato può ottenerne un vantaggio economico importante

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L’art. art. 612 bis del c.p., rubricato “Atti persecutori, punisce la condotta di “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.”
Il delitto in commento costituisce un reato abituale, per la cui configurazione è richiesta la reiterazione delle condotte di minaccia o violenza almeno una volta, purché gli episodi siano collegati da un contesto unitario.
Le condotte sopra menzionate devono necessariamente causare almeno uno dei seguenti effetti alternativi:
– un perdurante e grave stato di ansia o paura nella vittima;
– un fondato timore per la propria incolumità o per quella di una persona a lei affettivamente legata;
la costrizione a modificare le proprie abitudini di vita

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Reato molestie: quando si configura

In base alla previsione codicistica, il reato di molestie è quello commesso da “chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo”. La pena prevista è quella dell’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda fino a 516 euro.

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Se il vicino di casa ti mette ansia è…

La Cassazione, con la sentenza n. 21006/2024, si è pronunciata sui rapporti tra il delitto di stalking e la contravvenzione di molestie

La Suprema Corte di Cassazione è di recente intervenuta con un’importante sentenza, con cui ha chiarito il rapporto tra le fattispecie di atti persecutori, ex art. art. 612 bis del c.p. e molestie, ex art. art. 660 del c.p.. Secondo i giudici di legittimità, infatti, il delitto di atti persecutori non può essere riqualificato in molestie qualora la condotta offensiva abbia determinato alterazioni nella vita della persona offesa.

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Violenza domestica e violenza di genere

Il legislatore negli ultimi tempi ha posto massimo impegno nel contrasto alla “violenza di genere” e alla “violenza domestica”. 
L’espressione “violenza di genere” indica ogni forma di violenza (psicologica o fisica) che si manifesta per ragioni connesse all’orientamento sessuale di chi ne è vittima. Lo stesso termine comprende la cosiddetta “violenza contro le donne”, che riguarda più specificamente gli individui di sesso femminile. 
Per “violenza domestica” (dal latino domus, cioè “casa”) intendiamo invece la violenza che si consuma all’interno dello stesso “nucleo familiare”.

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I modelli Organizzativi aziendali ex Legge 231/2001

Con il Dlgs. 231/2001 il legislatore decise, una ventina di anni fa, di attribuire anche agli enti (persone giuridiche o anche enti privi di personalità giuridica, non pubblici) una responsabilità “amministrativa” a seguito del compimento di specifici reati ben individuati.

La ratio del legislatore è quella di punire penalmente nel caso di commissione di reato non solo il legale rappresentante dell’ente (che a volte può essere opportunamente individuato come “testa di legno”), ma anche la società che da tale reato può ottenerne un vantaggio economico importante.

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Cassazione: il caporalato non trova applicazione in caso di…

Con la sentenza n. 43662 del 28.11.2024, la Cassazione penale afferma che il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, di cui all’art. 603 bis c.p., non può trovare applicazione ai settori che utilizzano prestazioni di lavoro intellettuale.

La Cassazione – ribaltando l’impugnata pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che l’art. 603 bis c.p. non può essere applicato a categorie di lavoro che avvalendosi di prestazioni intellettuali, esulano in radice dalla categoria dei lavori manuali, siano essi in ambito agricolo, artigianale o industriale.

Per la sentenza, infatti, la norma si riferisce al reclutamento o all’utilizzazione di ‘manodopera’, termine legato non solo al carattere manuale dell’attività, ma anche alla prestazione di lavoro privo di qualificazione.

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Estinzione Reato

Nel caso di decreto penale e di Sentenza di patteggiamento, il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole.

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Danni causati dai propri animali

Secondo la Corte di Cassazione, la responsabilità dei danni causati da un animale ricade sempre e comunque sul proprietario. Se ad esempio il proprio cane morde una persona, a rispondere è sempre il padrone che, oltre a divenire responsabile civilmente, può altresì essere interessato sotto il profilo penale, con conseguente ricaduta nel reato di lesioni colpose. A rammentarlo è la Sentenza n. 30548/2016 da parte della Corte di Cassazione, con la quale i giudici si esprimono sulla vicenda di un cane che, affidato a un soggetto evidentemente non in grado di controllarlo (il padre del propreitario), aveva morso un bambino.